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Un Pranzo al Capo

“Quanti pani e panelle amma a fare?” urla una donna da dietro il banco.

“Mi scurdai i purtari i posati “ risponde urlando un uomo con in mano tre piatti;

porta del caciocavallo fritto, delle arancine (arancini per i Siciliani d'oriente) e dello sfincione.

Le urla si inseguono ma non sono cacofoniche.

Sono un tutt’uno con ciò che gli occhi vedono e le papille gustano.

I sapori non sarebbero così definiti e i colori non sarebbero così accesi e vivi senza queste urla a fare da enzima all’esperienza.

Pranzare al Mercato del Capo di Palermo è uno dei modi più veri di sperimentare l’anima del capoluogo siciliano.

Palermo è una delle capitali del “cibo da strada”.

Trovi di tutto, dal dolce al salato, dalle granite al pane ca meusa, in un alternarsi di bancarelle, vespe con spremiagrumi che servono freschissime spremute di pompelmo, arance rosse e melograno.

E’ tutto colorato, fresco, vivace e come detto precedentemente rumoroso.

L’esperienza di gusto è eccellente, si mangia bene e tanto.

“Poi paga … prima mangiasse” ripete una donna mentre fa accomodare dei turisti al tavolo.

Il modello di business è molto semplice ma molto efficace.

L’esperienza di fare la coda al banco e poi finché c’è posto sedersi ai tavoli apparecchiati davanti alla Chiesa dell’Immacolata ti dà la possibilità di intendere meglio i piatti grazie agli ordini fatti da chi ordina prima.

Non ci sono tentativi di cross selling e upselling che ho visto in altri mercati all’aperto.

C’è troppa gente e la cassa si riempie da sé senza che ci siano da fare grandi interventi.

Interrompere il flusso di ordini di questa fiumana di gente potrebbe essere controproducente, quindi chi è al banco si limita a spiegarti il piatto e a prendere l’ordinazione.

Poi tu lo prendi e se sei fortunato ti siedi altrimenti consumi su qualche panchina nelle vicinanze.

Guttuso aveva catturato ciò di cui stiamo parlando relativo a un altro mercato palermitano nel 1974 con la sua opera “Vucciria”.

Nel quadro sono esposte carni, pesci, frutta e verdura ed esprime una delle tante anime della città siciliana facilmente riconoscibile quando ci sei immerso.

Sono talmente intensi i colori del quadro di Guttuso che sembrano sprigionare il vocio e la cantilena quasi araba dei "vanniaturi" che danno il nome al quartiere e sembra di sentire i profumi che emanano da questi prodotti tipici esposti sulle bancarelle che fanno sentire il sapore della cucina siciliana.

Il mercato racconta della pancia della gente.

Ciò che fa la differenza non sono i prodotti, quelli si dà per scontato siano di qualità, ciò che impatta e che fa diventare memorabile un marchio o una città è l’esperienza d’acquisto e di assorbimento dell’esperienza stessa.

www.inkspiration.it

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