"Soltanto per pazzi’, dice Herman Hesse prima che si inizi a leggere il suo libro 'Il Lupo della Steppa'.
Una dedica insolita che fa subito pensare che lo scrittore avesse scelto il suo pubblico, sapendo già che solo dei “pazzi” avrebbero potuto calarsi nei panni del protagonista Harry.
Penso a questa dedica quando mi trovo davanti a un quadro di Vincent Van Gogh o a una poesia di Alda Merini.
Entrambi in balia delle loro altalene umorali, entrambi fortemente instabili.L’uno affetto dalla malattia di Menere, l’altra da bipolarismo.Entrambi vissero l’esperienza del manicomio.
Entrambi osannati solo dopo la morte e vissuti attraverso difficoltà economiche per gran parte della loro vita.
Attraverso l’arte riuscivano a distrarsi e a compiersi. Trovavano serenità mentale quando le mani prendevano il sopravvento sulla testa.Sono stati anche amati nella loro vita ma la loro chiusura intima non permetteva loro di gioire pienamente di questo amore gratuito.
Equilibri fragili minacciati da angosce sotto cenere pronte a riaccendersi.Così tristi e così profondi da attingere al pozzo della bellezza universale che consolava loro solo provvisoriamente.
L’uno si faceva male fisicamente fino a mozzarsi un orecchio durante un alterco con l’amico Gauguin (o per aver saputo delle nozze imminenti del fratello Theo) arrivando a togliersi la vita con un colpo di pistola al petto e morendo consapevolmente due giorni dopo lo sparo e l’altra che si faceva male avvelenandosi di sigarette, pare fumasse a ciclo continuo.
Due strumenti attraverso i quali l’Arte si è manifestata in forma eccelsa.
Due flauti attraverso i quali la musica dell’inconscio ha suonato la sua melodia.
C’è tanto da imparare da questi due pazzi veri e artisti perché si comprende il ruolo di strumento che ciascuno di noi ha nel compiere l’azione che è destinato a fare nonostante tutto.