C’era un uomo che passava le sue giornate a spaccare pietre ai piedi di una montagna.
Le sue mani erano ruvide, il sole gli batteva sulla schiena. Ogni colpo sul martello era una fatica, ogni respiro un lamento.
Guardò in alto e pensò:
“Il sole comanda tutto. Brucia forte, decide il giorno. Vorrei essere come lui.”
E il cielo lo ascoltò. Il tagliapietra divenne sole. Dall’alto splendeva su tutto, caldo e potente. Ma presto, una nuvola lo coprì, silenziosa e imperturbabile.
“Non sono io il più forte,” si disse. “La nuvola mi domina. Vorrei essere una nuvola.”
E fu nuvola. Vagava leggera, copriva il sole, faceva piovere. Ma il vento arrivò. Lo spinse senza pietà, lo fece a pezzi.
“Il vento è più potente,” pensò. “Vorrei essere vento.”
Così divenne vento. Spazzava la terra, piegava alberi, sconvolgeva il mare. Si sentiva invincibile. Poi incontrò una montagna. Lei non si mosse, non si piegò.
“La montagna è invincibile,” disse. “Vorrei essere una montagna.”
E fu montagna.
Solida, immensa, eterna. Ma un giorno arrivò un uomo. Con il suo martello cominciò a colpire, scheggiare, rompere. La montagna sentì il dolore.
“Un tagliapietra,” pensò. “Lui è più forte.”
E il cielo lo accontentò un’ultima volta. Tornò a essere un uomo, con un martello in mano e la polvere sui vestiti.
Ma questa volta guardò le sue mani, il suo lavoro, e per la prima volta sorrise.