L'Autogrill, con la sua fila di macchine e camion, appare come un miraggio sull'autostrada trafficata.
Il serbatoio è in riserva e ho bisogno di una pausa.
Dentro, tra persone in movimento, stanche di chilometri, decido di prendere un caffè.
Mi fermo davanti al banco dei souvenir, fissando una tazza con il profilo dei monumenti di Torino stampato sopra.
Non c'è niente di logico nell'idea di comprarla. Se sul lavoro per ruolo sono abituato a vivere con precisione, a pianificare ogni dettaglio, senza lasciare troppo margine agli imprevisti, quando viaggio fosse anche per poche decine di chilometri mi affascina il contrario: la casualità, l'imprevisto che spezza il rigore.
Forse per questo rimango lì, a fissare la tazza. Rappresenta qualcosa che non avevo previsto, un desiderio di cedere all'improvvisazione.
Così la prendo, insieme a un panino pessimo e mi avvio alla cassa.
Pago e torno alla macchina.
Forse, viaggiare inteso come spostarsi da un punto A a un punto B è proprio questo : accettare il caos, abbandonarsi a piccoli desideri senza senso.
Anche quando ciò che trovi è solo un panino scondito e l'ennesima tazza che finirà a raccogliere polvere sullo scaffale.