Non amo l’uso smodato che si fa di alcune parole. Ritengo che ci sia un forte rischio di depotenziarne il valore e il significato.
Una di queste parole è: resilienza.
E’ un termine entrato nel vocabolario di tutti i giorni e, se fino a qualche anno fa era raro sentirlo pronunciare, oggi c’è da segnare sul calendario quando non viene messo a caso in qualche frase pseudomotivazionale o nella foto di qualche braccio tatuato sui social.
Per questo motivo quando si parla di momenti di transizione e di cambiamento preferisco utilizzare la parola “adattabilità.”
Ci sono circostanze che ci mettono davanti a prove da affrontare, come quella di imparare a gestire incognite e tempi di realizzazione di progetti lunghi che generano paura e frustrazione e alcune di queste incognite negli ultimi 3 anni (a partire dall’inizio del Covid) sono diventate comuni a tante imprese appartenenti a diversi settori.
Se il risultato del processo è il raggiungimento di un nuovo livello di resilienza, lo strumento che permette di raggiungere questo risultato è l’adattabilità.
Adattabilità delle conoscenze e delle competenze ai nuovi scenari ma soprattutto adattabilità dell’atteggiamento nei confronti delle sfide da affrontare.
Possediamo diverse capacità per fronteggiare le situazioni complesse. L’essere adattabili è una di queste. L’arte di adattarsi viene anche definita “l’arte di navigare nei torrenti” a sottolineare come delle situazioni eccezionali, fuori dalla normale navigazione possano accadere e vederci protagonisti nel risolverle.
La capacità di destreggiarsi di fronte a eventi o momenti e situazioni destabilizzanti della vita è innata nell’essere umano, una prova è che siamo qui a scrivere di adattabilità nel 2022 a distanza di 200.000 anni dalla comparsa del primo uomo sulla Terra.
Adattarsi significa non considerarsi vittime passive degli eventi, ma avere la forza di resistere e di fronteggiarli, utilizzando le proprie risorse, interne e/o esterne, senza perdere la visione progettuale per affrontare e creare il futuro.
Non significa solo modellarsi a seconda della situazione da affrontare, dunque, ma anche ricostruirsi e creare nuove strade e orizzonti.
Essere adattabili quindi significa avere la capacità di persistere nel perseguire i propri obiettivi, senza lasciarsi bloccare dalle difficoltà e dagli ostacoli che inevitabilmente incontreremo.
Ma se è vero che la capacità di adattarsi sia insita nella nostra Natura è anche vero che si piò allenare e sviluppare.
E’ un processo più che un risultato finale che cresce in più dimensioni.
Non esiste un solo modo di essere adattabili e si può essere adattabili in alcuni aspetti della nostra vita, mentre in altri si può essere più rigidi e a disagio.
Il punto fondamentale è che si può imparare a sviluppare la propria capacità di adattarsi.
Per sviluppare questa capacità viene suggerito di:
- Nutrire il senso del bello
- Sviluppare la creatività esprimendo se stessi
- Curare la relazioni con gli altri
- Seminare nuovi progetti
- imparare cose nuove
- Sviluppare la flessibilità – non sempre si può avere o fare quello che si vuole
- Prendersi la responsabilità delle proprie azioni e delle proprie emozioni
- Alimentare la speranzosità – che a differenza del cieco ottimismo si fonda sulla consapevolezza dei dati oggettivi e il desiderio di migliorarli
La ricerca consapevole dell’adattabilità ci invita a ripartire dall’unico punto possibile: noi stessi e le nostre risorse, e come abbiamo già avuto modo di trattare precedentemente è più una caratteristica della nostra natura, della nostra personalità e del nostro atteggiamento che uno strumento tangibile vero e proprio.
Un nuovo macchinario, una persona in più inserita in organico, un finanziamento erogatoci dalla banca sono risorse esterne tangibili, le vedi, le tocchi, le utilizzi con coscienza; l’adattabilità la vedi in opera in determinate situazioni e condizioni e la maggior parte delle volte la riconosci a posteriori.
Tutti noi abbiamo dovuto adattarci a una serie di cambiamenti, e quindi le prime domande da porsi per fondare la propria strategia di adattabilità dovrebbero essere la seguente:
“Quando ho dovuto cambiare metodi o abitudini operativi per risolvere una situazione di crisi?”
“Cosa ho fatto? Come mi sono preparato? Qual è stato il risultato oggettivo finale?”
“Come misura l’adattabilità mia e della mia azienda?”
In un’analisi SWOT aziendale, vale a dire un’analisi dello stato dell’arte dell’azienda dove si valutano i punti di forza e di debolezza interni e le opportunità e le minacce derivanti dall’esterno, l’adattabilità dovrebbe essere un punto di forza mentre il piano di sviluppo consapevole di questa capacità dovrebbe essere un’opportunità.
Una piccola parentesi informativa per chi non avesse mai sentito parlare di analisi SWOT: SWOT è un acronimo in inglese (l’acronimo è un nome formato con le lettere iniziali di altre parole) e sta per Strengths (punti di forza), Weaknesses (punti di debolezza), Opportunities (opportunità) e Threats (minacce). Ciascun fattore dell’analisi va esaminato attentamente per pianificare adeguatamente la crescita dell'organizzazione.
Giunti a questo punto della discussione credo debbano essere introdotti due concetti fondamentali senza i quali qualsiasi processo di crescita della propria adattabilità o di altre abilità che si vogliono far proprie diventa vano, voglio introdurre i pilastri dell’allenamento e dell’analisi dei dati.
Bisogna essere preparati per saper improvvisare e cambiare rotta. Si pensi ai musicisti jazz, l'improvvisazione jazzistica è un processo creativo che consiste nel costruire "sul momento" delle melodie desiderate su una base di accordi prefissata, per farlo è necessario conoscere in profondità la materia ed essere allenati.
Non puoi improvvisare se non sei profondamente preparato.
Il concetto di allenamento deve essere ben chiaro all’interno delle nostre attività. Vale per il tema di cui stiamo discutendo, ma più in generale vale per qualsiasi aspetto rilevante delle nostre aziende.
Per riportare un altro esempio extra-aziendale si pensi allo sport.
Tutte le performance di singoli o di squadre sono il risultato di ore ed ore investite negli allenamenti. Le performance possono durare qualche ora o qualche decina di minuti o addirittura secondi (es. la gara dei 100m in atletica) ma a monte ci sono centinaia se non migliaia di ore spese nel sistemare i dettagli, nell’allenare i muscoli, la tattica, gli schemi.
Facciamo la stessa cosa nelle nostre attività ma non ce ne accorgiamo.
Il livello delle nostre performance è la manifestazione della nostra preparazione e formazione, che ne siamo consapevoli o meno.
Come prima mossa di adattamento per i tempi che verranno suggerisco questa: formiamoci consapevolmente sapendo che ogni singolo minuto speso nella formazione nostra e dei nostri collaboratori si tradurrà in un investimento di cui rientreremo con gli interessi nel tempo.
La formazione e la crescita di competenze e conoscenze va pianificata come ogni altra attività strategica in azienda.
Come seconda mossa, se già non lo stiamo facendo abituiamoci ad avere confidenza con i dati e i numeri della nostra azienda.
Le aziende sono organizzazioni in cui le competenze, le conoscenze e le esperienze delle persone che le compongono sono asset fondamentali, ma a fianco di questa “letteratura filosofica” aziendale è necessario sapere che ci devono essere numeri e dati a raccontare il funzionamento e la buona riuscita di un’avventura imprenditoriale.
E’ necessario allenarsi a ragionare in termini di numeri e dati per avere sempre sott’occhio la fotografia della azienda per compiere in modo ragionevole e consapevole quei cambiamenti che il mercato ci chiede.
A conclusione di queste considerazioni sull’arte di adattarsi vorrei mettere l’attenzione sui tempi che ci stiamo apprestando a vivere:
è, per quanto possa avere memoria io, uno dei periodi con maggiori incognite concentrate che ci siamo trovati ad affrontare.
Per sfidare pandemie, guerre, crisi delle materie prime, rincari vertiginosi, inflazione dobbiamo concentrarci su noi stessi e sulla nostra struttura, guardiamo dentro alle nostre attività, non solo fuori, perché è quasi sempre lì che risiede la soluzione.